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Pillole di condominio: difetto di rappresentanza – parte 2

La legittimazione passiva

La legittimazione passiva dell’amministratore di condominio si ricava dal disposto del secondo comma dell’articolo 1131 del Codice civile, il quale prevede che tale soggetto può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio. L’amministratore, quindi, ha la capacità di resistere ed essere coinvolto nelle vertenze giudiziarie inerenti al condominio da lui rappresentato e la sua legittimazione passiva sussiste con riferimento ad ogni azione riguardante gli interessi del condominio e i rapporti giuridici nascenti o aventi incidenza sulle parti comuni.

La legittimazione passiva dell’amministratore di condominio è stata affermata anche in relazione alle:

  • azioni di natura reale promosse contro il condominio da terzi o dal singolo condomino relativamente alle parti comuni dell’edificio;
  • alle impugnazioni delle delibere assembleari;
  • alle controversie relative ai servizi comuni.

Altresì, all’amministratore di condominio sono notificati tutti gli atti e provvedimenti di carattere giudiziario e amministrativo riguardanti il condominio. Solo successivamente, cioè quando si andrà a valutare l’attività da porre in essere per contrastare l’azione promossa contro il condominio, si dovrà verificare se la materia è tra quelle che rientrano nelle sue ordinarie attribuzioni ovvero se è necessaria l’autorizzazione assembleare. In caso di comportamento errato, comunque, l’amministratore potrà essere revocato.

Amministratore di condominio: quando c’è il difetto di rappresentanza?

Si ha il difetto di rappresentanza dell’amministratore di condominio quando tale soggetto, privo dell’autorizzazione dell’assemblea condominiale, è parte in un giudizio che esorbita dalle sue attribuzioni. In tale ipotesi, l’amministratore deve darne comunicazione senza ritardo all’assemblea e, conseguentemente, deve farsi ratificare dalla stessa l’operato.

La ratifica assembleare sana retroattivamente l’operato dell’amministratore carente della preventiva autorizzazione. A tal fine, il giudice assegna un termine perentorio entro cui l’amministratore deve convocare l’assemblea dei condomini per provvedere alla ratifica del proprio operato. L’osservanza di detto termine sana i vizi e permette il prodursi degli effetti sostanziali e processuali della domanda fin dal momento della prima notificazione.

Tuttavia, la regola relativa alla concessione di un termine per il rilascio dell’autorizzazione, risulta applicabile solo quando il rilievo della mancanza di autorizzazione assembleare avviene d’ufficio, cioè quando viene rilevato dal giudice. Quando, invece, l’eccezione del difetto di rappresentanza dell’amministratore – ovviamente nelle materie che esorbitano dalle sue attribuzioni – viene sollevata dalla controparte, l’onere della sanatoria sorge immediatamente, senza possibilità per il giudice di assegnare un termine perentorio per provvedervi.

Il condominio, quindi, deve prontamente depositare la delibera assembleare di ratifica sotto pena, in mancanza, di declaratoria del difetto di rappresentanza e di legittimazione dell’amministratore.

Quando non c’è il difetto di rappresentanza?

Non c’è, invece, difetto di rappresentanza e, quindi, l’amministratore può essere legittimato processuale attivo o passivo quando:

  • il condominio rimane senza amministratore per scadenza del termine del mandato o dimissioni;
  • nel caso in cui la sua nomina sia avvenuta con delibera nulla e fino a che non viene sostituito da un altro amministratore.

Fonte: https://www.laleggepertutti.it/

Pillole di condominio: difetto di rappresentanza – parte 1

Il Codice civile attribuisce all’amministratore di condominio la rappresentanza processuale del condominio.

In pratica, l’amministratore può agire in giudizio o esservi convenuto in tutte le materie che riguardano le parti comuni dell’edificio, senza autorizzazione da parte dell’assemblea condominiale.

L’amministratore può costituirsi in giudizio anche nei procedimenti che oltrepassano le proprie attribuzioni oppure può impugnare l’eventuale sentenza sfavorevole sempre senza la predetta autorizzazione.

In tali ipotesi, però, poiché l’amministratore di condominio agisce in difetto di rappresentanza, deve darne senza ritardo comunicazione all’assemblea e, conseguentemente, deve farsi ratificare dalla stessa l’operato.

La rappresentanza processuale dell’amministratore di condominio, quindi, è sia attiva che passiva.

La legittimazione attiva

La legittimazione attiva dell’amministratore di condominio consiste nella facoltà di agire in giudizio entro i limiti delle sue ordinarie attribuzioni e in quelli dei poteri conferiti dal regolamento e dall’assemblea.

L’amministratore può promuovere qualsiasi lite senza necessità di apposita autorizzazione assembleare.

L’amministratore può procedere nei confronti dei singoli condomini senza bisogno dell’autorizzazione assembleare per:

  • eseguire le delibere assembleari;
  • garantire l’osservanza del regolamento condominiale;
  • disciplinare l’uso dei beni e dei servizi comuni;
  • compiere gli atti conservativi.

Altresì, senza bisogno di specifica autorizzazione assembleare, è competente:

  • ad avviare un’azione di danno temuto contro i confinanti o contro gli stessi condomini, quando la stessa è necessaria per la tutela degli interessi comuni;
  • ad iniziare l’azione di recupero giudiziale del credito nei confronti dei condomini morosi;
  • a promuovere un giudizio per rimuovere le aperture abusive realizzate sulla facciata dello stabile.

Tranne che per le transazioni o per le altre cause estintive delle liti nelle quali il condominio è parte attiva, l’amministratore, una volta avviata l’azione, può agire in ogni grado di giudizio.

 

Fonte: https://www.laleggepertutti.it/

PILLOLE DI CONDOMINIO: LA CONVOCAZIONE – parte II

Com’è fatta la convocazione?

E chi la invia?

Ecco a voi la seconda parte del nuovo articolo Pillole di condominio

Pillole di condominio – la convocazione – parte II

Pillole di condominio: la convocazione

PARTE 1

Cos’è la convocazione? A cosa serve?

Clicca sul link qui sotto e scarica il PDF:

Pillole di condominio – la convocazione

 

Pillole di condominio – Il fondo cassa (o fondo speciale) del condominio

Il fondo cassa

Per far fronte a determinate spese, l’assemblea dei condomini può decidere, a maggioranza, l’istituzione di un fondo cassa.

Il codice provvede a disciplinare espressamente, all’art. 1135, punto 4), il “fondo speciale” con la funzione di accantonare delle somme di denaro in vista di determinate spese deliberate dall’assemblea.

Si tratta di un “fondo vincolato“. L’assemblea, infatti, non può decidere l’istituzione del fondo senza una specifica destinazione.

L’obbligatorietà del fondo speciale

Con la riforma del condominio, il fondo speciale da facoltà è diventato obbligo.

Le ragioni dell’obbligatorietà della costituzione del fondo speciale:

  • predisposizione di una provvista di denaro sufficiente per garantire all’assemblea di poter sostenere la realizzazione di opere di manutenzione straordinaria e/o di innovazioni
  • rafforzamento della garanzia per coloro che sono chiamati a realizzare tali opere, di un’apposita somma vincolata e destinata a soddisfare le loro pretese creditorie.

La previsione, inoltre, va raccordata alla ratio, analoga agli obblighi previsti dal legislatore della riforma per l’amministratore, di una contabilità separata ed evidente, dalle cui risultanze possano ricavarsi tutti i movimenti patrimoniali, in entrata e in uscita, del condominio.

L’ammontare

Il fondo speciale dovrà essere di importo pari all’ammontare dei lavori da eseguire.

In ogni caso, questa particolare forma di accantonamento sarà rappresentata da un’aggiunta proporzionale alle quote millesimali versate da ogni condomino salva, naturalmente, ogni diversa convenzione.

I fondi disponibili e le eventuali riserve devono comunque risultare nel rendiconto annuale, espressi in modo da consentirne l’immediata verifica, unitamente alle altre voci di entrata e di uscita relative alla situazione patrimoniale del condominio, come disposto dal nuovo art. 1130-bis.

Il fondo morosi

La riforma non ha espressamente previsto la possibilità di costituire un fondo cassa per far fronte ai problemi di liquidità determinati dal mancato pagamento delle quote da parte dei condomini morosi.

Tuttavia, l’istituzione di un fondo ad hoc, c.d. “fondo morosi”, pur costituendo una questione dibattuta e fonte di controversie tra i condomini in regola con i pagamenti, costretti ad esborsi ulteriori per sopperire alla situazione provocata dai mancati versamenti di altri, è ritenuta legittima dalla giurisprudenza e trova applicazione nella pratica.

Si tratta in ogni caso di un fondo straordinario destinato a far fronte alla procedura per il recupero dei crediti, cui l’amministratore è tenuto per la riscossione forzosa delle somme dovute, ex art. 63 disp. att. c.c., e che rappresenta una sorta di prestito che verrà restituito nel caso di recupero di quanto dovuto dal debitore moroso.

A causa del “sacrificio” che il fondo rappresenta per i condomini virtuosi, chiamati a partecipare alle spese condominiali in misura non proporzionale al valore delle rispettive proprietà come previsto dall’art. 1123 c.c., si ritiene esso debba essere approvato dall’unanimità di tutti i condomini.

Sul punto, tuttavia, la giurisprudenza, formatasi in materia prima della riforma, ha ritenuto legittima la delibera approvata con il voto della sola maggioranza nei casi di effettiva e dimostrabile urgenza.

Con la riforma, invece, il novellato art. 63 disp. att. c.c. prevedendo che “i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini“, sembra escludere l’ipotesi eccezionale sopra descritta, con la conseguenza che il fondo va deliberato con il consenso dell’unanimità di tutti i condomini.

L’uso del residuo attivo della gestione

Quando la gestione annuale del condomino si conclude con un residuo attivo, spetta all’assemblea decidere la destinazione del denaro rimasto in eccedenza.

I condomini possono liberamente decidere di ridistribuire tra di loro il residuo.

Oppure possono destinarlo all’istituzione di un fondo cassa per le opere di manutenzione ordinaria previste nella gestione successiva.

Pillole di condominio: Nomina del sostituto

 L’amministratore può nominare un sostituto?

L’art. 1129 c. 6 c.c. ammette la possibilità per l’amministratore di nominare un vicario, la norma dispone che:

  • «in mancanza dell’amministratore, sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, è affissa l’indicazione delle generalità e dei recapiti, anche telefonici, della persona che svolge funzioni analoghe a quelle dell’amministratore».

Come abbiamo detto più volte, l’amministratore è un mandatario, pertanto, trovano applicazione le norme del relativo contratto. L’art. 1717 c.c. consente la nomina di un sostituto, poiché al mandatario non è vietato avvalersi di un vicario.

La disposizione individua due fattispecie: la nomina del sostituto autorizzata e non autorizzata dal mandante (ossia dai condomini), con diverse conseguenze. L’amministratore che abbia nominato un vicario:

  1. non risponde dell’operato del sostituto, se autorizzato alla sostituzione da parte del Condominio;
  2. risponde dell’operato del sostituto, anche se autorizzato, solo se è in colpa nella scelta (culpa in eligendo);
  3. risponde dell’operato del sostituto, se non autorizzato alla sostituzione da parte del Condominio ovvero in caso di sostituzione non necessaria.

La nomina del sostituto deve rispondere ad un impedimento temporaneo dell’amministratore, ad esempio, per l’assenza durante le vacanze estive o per un problema personale (si pensi ad un ricovero ospedaliero).

 

Pillole di condominio – L’obbligo di rendiconto dell’amministratore di condominio

Obbligo di rendiconto

Il rapporto che lega l’amministratore ai condomini si può inquadrare nel mandato con rappresentanza sebbene con caratteristiche molto peculiari.

Vige, in tal senso, l’obbligo previsto dall’art. 1713 c.c. per il quale il mandatario deve rendere al mandante il conto del suo operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato.

Tale obbligo, nello specifico del condominio risulta da tre distinte norme:

– l’art.1130, n. 1), c.c., secondo cui l’amministratore deve convocare l’assemblea annualmente per l’approvazione del rendiconto condominiale;

– l’art.1130, n. 10) c.c., il quale aggiunge che l’amministratore deve redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione;

– l’art. 1130-bis c.c., ove si stabilisce, infine, che il rendiconto condominiale deve contenere le voci di entrata e di uscita. Inoltre deve contenere ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve.

L’obbligo del mandatario di rendere il conto è esigibile al momento in cui il mandato viene adempiuto.

Per l’amministratore tale obbligo si verifica alla scadenza di ciascun anno.

Rendiconto e mera violazione della tempistica

La tenuta del conto (art. 1130, comma 1, n. 10, c.c.) deve essere annuale e l’assemblea deve essere convocata per l’approvazione entro centoottanta giorni.

La violazione dell’obbligo e dei termini per la presentazione, se risulta essere plurima e reiterata, deve considerarsi grave e indice di cattiva gestione del condominio.

Si tratta di violazione che non consente di poter gestire correttamente l’organizzazione condominiale e di poter procedere tempestivamente ex art. 63 disp. att. c.c. nei confronti dei condomini morosi, di evitare l’aggravio di spese, di impedire l’indebitamento verso i terzi e di evitare la possibilità della prescrizione dei crediti dell’organizzazione.

Del resto prima della riforma era soggetto a revoca l’amministratore di un condominio che non aveva reso conto della sua gestione per oltre un biennio, essendo irrilevante l’eventuale morosità nel pagamento delle quote condominiali da parte dei condomini istanti.

Si noti che in alcune decisioni più recenti, cioè successive alla riforma del condominio, la mera violazione della tempistica inerente la presentazione del rendiconto, vale a dire centottanta giorni dalla data di chiusura dell’esercizio di riferimento (così come previsto dal combinato disposto degli articoli 1129-1130 c.c.) è di per se sola circostanza utile a poter decretare la revoca giudiziale dell’incarico (Trib. Taranto 21 settembre 2015).

Fonte: https://www.diritto.it/lobbligo-di-rendiconto-dellamministratore-di-condominio-aspetti-critici/

Pillole di Condominio – WhatsApp per Amministratori di Condominio

Come utilizzare WhatsApp per Amministratori di Condominio? Come gestire tutte le comunicazioni in entrata, segmentando conversazioni e task?

WhatsApp, essendo una app di messaggistica, può diventare uno strumento molto potente per il tuo studio condominiale. Vediamo come…

1. Utilizzare WhatsApp classico

WhatsApp è l’app di messaggistica forse più famosa e diffusa al mondo. Viene utilizzata praticamente da tutti, anche da professionisti per lavoro.

Fai attenzione, però, a non commettere questo errore: non utilizzare la chat di WhatsApp collegata al tuo numero personale:

  1. Essendo il tuo numero personale non potrai far utilizzare il cellullare ad altre persone (come ai membri del tuo team)
  2. Il numero di WhatsApp viene comunicato in chiaro a tutti i destinatari dei messaggi; ciò significa che tutti i condòmini avranno il tuo numero personale e potranno disturbarti in qualsiasi momento

Cosa fare quindi?

Acquista un nuova SIM, con un numero dedicato esclusivamente al tuo ufficio di amministrazione condominiale e collega WhatsApp a questo numero.

2. Utilizzare WhatsApp Business

Il modo migliore di utilizzare WhatsApp per Amministratori di Condominio non è nella sua versione classica, ma in quella Business.

Questa è proprio un’altra app, praticamente identica alla prima, ma pensata per le aziende.

Con WhatsApp Business potrai aggiungere al profilo una descrizione dell’attività, gli orari di apertura, l’indirizzo fisico del tuo ufficio di amministrazione condominiale e altri dati di contatto.

Puoi organizzare le chat con etichette personalizzate che ti aiuteranno a segmentare le varie chat e organizzare i compiti. Infatti un utilizzo sensato di WhatsApp è quello di pensare alle varie chat come to do list, ed etichettarle a seconda dello stato di completamento del compito richiesto dal condòmino.

Inoltre puoi anche creare delle mini risposte automatiche per quando magari sei in riunione e non puoi fisicamente rispondere. Questo ti aiuterà ad essere sempre presente anche senza esserci!

Fonte: https://amministratoredigitale.com/come-utilizzare-whatsapp-per-amministratori-di-condominio/

 

Pillole di condominio – L’articolo 1102 c.c.

Decidere di avviare azioni legali nei confronti di un altro condomino che ha apportato una modifica alle parti comuni non è sempre la scelta più giusta.

Bisogna prima effettuare un’attenta valutazione dei costi e dei rischi al fine di proseguire con maggior cognizione.

Discrezionalità del magistrato

Le norme condominiali sono soggette all’interpretazione dei giuristi e un principio affermato dal codice civile può essere letto in modi totalmente differenti.

Tale discrezionalità emerge ancora di più quando affrontiamo tematiche quali la “violazione del decoro architettonico” o quando il giudicante si trova di fronte a soluzioni architettoniche peculiari le quali rendono indubbiamente più difficile la ripartizione di una spesa.

Ambito di applicazione dell’art. 1102 c.c.

L’articolo 1102 c.c. prevede la possibilità per ogni condomino di utilizzare le parti comuni purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso. Ritengo che nel corso degli ultimi quindici anni le maglie dell’art. 1102 c.c. si siano allargate fino a ritenere lecite modifiche che prima non erano considerate tali.

Ad esempio, la giurisprudenza maggioritaria ritiene che il singolo condominio possa:

-apporre una canna fumaria sulla facciata,

-trasformare una finestra in porta finestra,

-realizzare una piccola terrazza a tasca,

-realizzare un’apertura sulla pubblica via (…).

Ovviamente tali opere sono soggette a tutti i vincoli previsti dalla legge (1120 c.c. e 1102 c.c.) e ogni caso è oggetto di valutazione specifica.

Pillole di condominio – L’estraneo al condominio in assemblea

 

Accade spesso che un condomino, con il preciso intento di tutelare meglio i suoi interessi, voglia presenziare alla riunione con un legale. La presenza di estranei, soprattutto se occulti, costituisce un vero problema sotto il profilo del rispetto della privacy.

Estraneo in assemblea: la posizione del Garante

Si deve rilevare che l’illecita comunicazione a terzi di dati personali riferiti ai partecipanti al condominio è realizzabile mettendo a disposizione di terzi dati personali riportati nei prospetti contabili.

L’ipotesi, però, che si può verificare maggiormente è la presenza in assemblea di soggetti non legittimati a parteciparvi. Tali soggetti (se individuati) devono essere allontanati dal presidente dell’assemblea o, ancora prima, dallo stesso amministratore o dai condomini.

Il discorso può anche riguardare coloro che ricoprono la qualifica di soci nell’ambito di una società incaricata dell’amministrazione dello stabile.

Il Garante ha osservato che se l’amministrazione della società, per determinazione dei soci, risulta affidata soltanto ad un amministratore unico, non sussistono i presupposti per legittimare i soci non amministratori a presenziare alle assemblee del condominio.

In ogni caso, se questi abusivi sono riusciti a “captare” qualche informazione devono astenersi dal divulgarla a terzi: in caso contrario commetterebbero un reato (art. 167 Codice della Privacy).

I tecnici e consulenti incaricati dal condominio

Il Garante ha chiarito che in determinati casi è permesso anche a soggetti, diversi dai condomini, di partecipare all’assemblea dei condomini. A titolo esemplificativo si menzionano “tecnici o consulenti chiamati a relazionare su specifici lavori da svolgere” oltre alle altre eccezioni normativamente previste (es. gli inquilini).

Tuttavia, precisa che tali soggetti, qualora l’assemblea condominiale ne ritenga necessaria la presenza, potranno rimanere solo per il tempo necessario a trattare lo specifico punto all’ordine del giorno per il quale è richiesta la consulenza vademecum. Capita spesso, però, che un avvocato o un tecnico si presenti assieme al condomino.

In tal caso si ritiene che, indipendentemente dalla qualifica professionale, egli rappresenti un soggetto estraneo alla compagine condominiale e non sia ammessa la sua partecipazione, pena la lesione della privacy dei condomini (a meno che l’estraneo non sia espressamente autorizzato a stare in assemblea da tutti gli altri condomini.

Rimane fermo, però, che anche il “non condomino”, autorizzato a partecipare, debba astenersi dal comunicare a terzi le questioni e i dati appresi mentre era in riunione. Si tenga presente che il regolamento condominiale può contenere regole più rigorose a tutela della privacy dei condomini durante l’assemblea.

In ogni caso, quanto detto finora non può valere nei confronti dell’estraneo che partecipa all’assemblea per delega di un condomino.

Assemblea on line e abusivi nella stanza del condomino

La presenza di un estraneo in assemblea potrebbe essere facilitata dalla nuova normativa sull’assemblea on line. Non si può escludere che un soggetto collegato da casa venga anche involontariamente a sentire informazioni e dati sensibili del titolare dell’abitazione o di altri condomini.

Sarà compito del proprietario evitare “questo inconveniente”, mentre si ricorda che è reato registrare conversazioni alle quali non si partecipa (art. 615 bis c.p.), come ad es. nel caso di un registratore lasciato acceso in una stanza.

Estraneo abusivamente presente e riflessi sulle delibere

Merita di essere ricordato che la Corte di Cassazione, rifacendosi ad un precedente provvedimento, ha ribadito che “la partecipazione ad un’assemblea di condominio di un soggetto estraneo ovvero privo di legittimazione non inficia la validità della costituzione dell’assemblea e delle decisioni ivi assunte ma ciò soltanto se risulta che tale partecipazione non ha influito né sulla richiesta maggioranza e sul prescritto quorum, né sullo svolgimento della discussione e sull’esito della votazione.

Nel caso di specie, una società, non condomina e quindi “estranea al consesso assembleare”, aveva partecipato all’assemblea. Nel corso dei giudizi di merito, però, è emersa – in conformità ai principi espressi dalla stessa Suprema Corte – l’ininfluenza di quella partecipazione in relazione alla delibera impugnata.

Gli ermellini hanno confermato la decisione impugnata, evidenziando anche come nel provvedimento oggetto di ricorso gli argomenti portati in assemblea dalla società estranea fossero stati disattesi dai condomini (Cass. civ., sez. II, 30/11/2017, n. 28673).